Era da un po’ che cercavo un modo per spiegarlo bene. L’hanno trovato loro:
“Al Post c’è sempre stata una grande attenzione al modo in cui le storie e le notizie vengono raccontate, e alla creazione di una “voce” univoca e coerente.
Che cerchi la comprensione e l’interesse dei lettori piuttosto che la libertà o l’identità dell’autore.
Con l’idea che “spiegare le cose bene” sia necessario, e che questo obiettivo si raggiunga se si usa il linguaggio giusto, che da una parte sappia scegliere sempre le parole adatte al racconto e ai fatti, e dall’altra sappia farsi percepire come familiare e noto a chi legge.
Per creare questo linguaggio il Post ha lavorato – e lavora ogni giorno – soprattutto su due aspetti.
Uno è il superamento della lingua di plastica ovvero di quella scrittura assai frequente e tramandata nella cultura, nell’educazione e nell’informazione italiane, che ritiene che la lingua che parliamo debba essere trasformata nelle comunicazioni pubbliche attraverso espressioni artificiose, frasi fatte, formule pigre, parole estranee alla conversazione abituale.
Il Post cerca di parlare in un modo diverso, quello che conosciamo meglio e che crea un rapporto: un uso della lingua basato sulla scelta delle parole per la loro aderenza al significato e alle cose raccontate: e sull’eliminazione di tutte quelle superflue alla comprensione delle cose raccontate. Senza integralismi immotivati e con la consapevolezza che le regole nascono dall’uso della lingua e non viceversa.
Il secondo aspetto è l’idea di scrivere per tutti, l’intenzione di potersi fare leggere e capire da tutti, senza privilegiare nicchie di lettori interessati, coinvolti o già familiari con un certo argomento o fatto.
E quindi, innanzitutto, mettere le cose raccontate nel contesto, dare elementi di comprensione delle notizie, non presupporre conoscenze basate su provenienze culturali, generazionali, individuali. Provare a spiegare le cose bene.”
Newsletter de il Post, 6 giugno 2022
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Fake plastic trees