La conversazione con McAllister che vent’anni prima aveva messo Stewart sulla strada del conservatorismo era stata questa:
«Allora lei vuole diventare santo, eh, giovanotto?»
«Non ho detto questo, e spero di non averglielo fatto credere. Voi vi occupate di ciò che ho ereditato, di questi soldi che ho guadagnato senza far nulla?»
«Risponderò alla prima parte della sua domanda: sì, noi ci occupiamo di ciò che lei ha ereditato. Per rispondere alla seconda parte: se non li ha ancora guadagnati, se li guadagnerà, se li dovrà guadagnare. Lei viene da una famiglia che è congenitamente incapace di far qualcosa senza guadagnare. Lei comanderà, ragazzo mio, perché è nato per comandare, e questa può essere una maledizione».
«Forse sì o forse no, signor McAllister. Per questo dovremo stare a vedere. Quello che posso dirle adesso è: questo mondo è pieno di sofferenze, e il denaro può far molto per alleviare queste sofferenze, e io ho molto più denaro di quanto me ne occorra. Voglio comprare cibo, indumenti e abitazioni decorose per i poveri, e subito».
«E, dopo che l’avrà fatto, come vorrebbe essere chiamato, ‘Santo Stewart’ o ‘San Buntline?’»
«Non sono venuto qui per farmi prendere in giro».
«E suo padre non ci ha nominati suoi tutori, nel testamento, perché pensava che avremmo educatamente concordato con tutto quello che lei poteva dire. Se le sembro sfrontato e irriverente in materia di aspiranti alla santità, è perché ho già avuto con tanti giovani questa stessa sciocca discussione. Una delle principali attività di questo studio consiste nel prevenire l’esercizio della santità da parte dei nostri clienti. Crede di essere un’eccezione? Non è così.
«Ogni anno almeno un giovanotto del quale curiamo gli affari viene in ufficio e vuole dar via il suo denaro. Ha finito il primo anno in qualche grande università. È stato un anno denso di avvenimenti! Quel giovanotto ha scoperto le incredibili sofferenze che dilagano sulla Terra. Ha scoperto i grandi delitti che stanno alla base di tante fortune familiari. Ha sbattuto il suo muso cristiano, spesso per la primissima volta, contro il Sermone della Montagna.
«È confuso, piagnucoloso, indignato! Esige di sapere, cupamente, quanto vale. Noi glielo diciamo. Lui arrossisce dalla vergogna, anche se la sua fortuna si basa su una cosa onesta e utile come il nastro adesivo, l’aspirina, le tute per gli operai o, come nel suo caso, le scope. Lei ha, se non erro, appena terminato un anno a Harvard».
«Sì».
«È una grande istituzione, ma quando vedo l’effetto che ha su certi giovani, mi domando: ‘Come osa, un’università, insegnare la compassione senza insegnare anche la storia?’ La storia ci dice questo, signor Buntline, mio caro giovanotto, se non ci dice altro: regalare una fortuna è una cosa futile e distruttiva. Trasforma i poveri in piagnoni, senza arricchirli o mettergli l’animo in pace. E il donatore e i suoi discendenti entrano a far parte della schiera di quei poveri piagnoni».
«Un patrimonio privato grande come il suo, signor Buntline» continuò il vecchio McAllister, in quel suo fatale discorso di tanti anni prima, «è un miracolo, emozionante e raro. Lei lo ha ottenuto senza fatica, e perciò non ha molte possibilità di capire che cos’è. Per aiutarla a comprendere qualcosa di questo suo aspetto miracoloso, devo partire da quello che per lei forse è un insulto. Ecco qua, le piaccia o no: la sua fortuna è l’elemento singolarmente più importante per determinare cosa lei pensa di se stesso e cosa gli altri pensano di lei. Grazie al suo denaro, lei è una persona fuori del comune. Senza, tanto per fare un esempio, lei ora non starebbe facendo perdere del tempo prezioso a un socio anziano dello studio McAllister, Robjent, Reed e McGee.
«Se lei donerà il suo denaro diventerà una persona comunissima, a meno che per caso lei sia un genio. Lei non è un genio, vero, signor Buntline?»
«No».
«Uhm. E, genio o non genio, senza soldi lei sarà sicuramente meno sereno e meno libero. Non soltanto questo, ma condannerà i suoi discendenti alla vita opprimente e irascibile tipica di chi avrebbe potuto essere ricco e libero, se un antenato con le pigne in testa non avesse dilapidato una fortuna.
«Si tenga stretto al suo miracolo, signor Buntline. Il denaro è utopia liofilizzata. Questa è una vita da cani quasi per tutti, come i suoi professori si sono tanto affannati a spiegarle. Ma, grazie al suo miracolo, la vita per lei e per i suoi cari può essere un paradiso! Mi faccia vedere che sorride! Mi faccia vedere che comincia già a capire ciò che a Harvard non le insegneranno fino all’anno prossimo: che nascere ricchi e rimanerlo non è un delitto».
[F.O.]
Tratto da: Kurt Vonnegut, Perle ai porci (1965), p. 124