Tutto quello che avresti voluto sapere sull’istruzione in Estonia (e non hai mai osato chiedere)

L’Estonia è un Paese piccolo, molto piccolo. 45mila chilometri quadrati per solo 1 milione e 300mila abitanti, il Paese meno popolato dell’UE dopo Malta, Cipro e Lussemburgo. Ed è anche un Paese non molto ricco, con un reddito procapite di circa 28mila dollari (dati 2014), uno dei più bassi dell’area OCSE (fonte).

Eppure, quando si parla d’istruzione, l’Estonia eccelle. Secondo l’Unesco, ad esempio, ha uno dei tassi di alfabetizzazione più alti del mondo: 99,8% (fonte). Ha anche uno dei tassi di diploma secondario tra i più alti in Europa e nell’area OCSE, e una proporzione di adulti laureati ben al di sopra della media OCSE (fonte).

L’istruzione è profondamente radicata nella cultura e nella storia estone

La prima università estone – l’Università di Tartu – venne fondata abbastanza presto per gli standard nordeuropei, nel 1632. Ciò perché, nel XVII secolo, l’attuale Estonia fu conquistata dalla Svezia, che fondò, oltre all’ateneo, una lunga serie di scuole superiori.

Quando, un secolo dopo, l’Estonia diventò dominio russo, furono i leader religiosi istruitisi nelle università tedesche e le idee del Pietismo ad alimentare il desiderio di apprendere del popolo estone. Molti adulti impararono così a leggere, scrivere e suonare, abilità che poi tramandarono ai loro figli (fonte). Ne risultò che gran parte della popolazione era ormai alfabetizzata: gli archivi ecclesiastici del XVIII secolo documentano che più di un contadino su due sapeva leggere. Più tardi, nel 1922, un’indagine mostrò che il 90% della popolazione sapeva leggere e scrivere, mentre un altro 5,3% sapeva solo leggere.

Dopo la breve indipendenza (1918–1941), l’Estonia entrò a far parte dell’Unione Sovietica, in cui rimase fino al 1991. Sotto l’URSS, l’istruzione venne resa ancor più accessibile e fu messa al servizio dell’industria, in particolare quella militare. Il curriculum generale enfatizzava l’acquisizione di una conoscenza di tipo enciclopedico, soprattutto nelle scienze naturali, piuttosto che abilità di problem-solving decision-making. Le iscrizioni alle scuole secondarie, sia di tipo accademico che vocazionale, crebbero molto, così come crebbero i laureati.

Ma il dominio sovietico lasciò un’altra eredità: al momento della nuova indipendenza, nell’agosto 1991, un abitante su quattro era nato altrove. Oggi, circa il 70% della popolazione è di etnia estone.

Ottime performance nei test internazionali…

Negli ultimi anni il sistema d’istruzione estone è tornato prepotentemente alla ribalta. Questo perché test internazionali come il PISA (OCSE), utilizzati convenzionalmente a fini comparativi, hanno mostrato come quello estone sia un sistema eccellente (vedi anche qui).

Infatti, sebbene abbia attirato molta meno attenzione di altri high performers come Finlandia e Singapore, l’Estonia ha sempre vantato livelli di performance tra i più alti nel PISA, già dal 2006, e ogni volta che il Paese ha partecipato negli anni successivi (2009, 2012, e 2015) i risultati sono andati migliorando.

Nel 2015, l’Estonia figura nella top ten sia in matematica (9a, prima europea) che in lettura (6a, terza europea), mentre nelle scienze risulta terza al mondo dietro Singapore e Giappone.

… nonostante rilevanti difficoltà con gli insegnanti

Uno dei caratteri comuni ai Paesi che hanno ottenuto risultati eccellenti nel PISA – come Finlandia e Singapore, appunto – sta nel vantare una classe docente ben preparata e ben supportata dal sistema (vedi qui).

Eppure, sembra che gli studenti estoni raggiungano alti livelli malgrado il fatto che gli insegnanti estoni stiano invecchiando (fonte) e che sembri essere difficile attrarne di nuovi. Solo l’Italia ha una classe docente più anziana. Quasi metà degli insegnanti estoni ha più di 50 anni (fonte), e i salari dei docenti sono tra i più bassi nell’area OCSE (e per questo stanno aumentando: +40% negli ultimi 5 anni; vedi qui e qui). Inoltre, anche se la maggioranza degli insegnanti dice di essere soddisfatta del proprio lavoro, solo il 14% pensa che l’insegnamento sia apprezzato dalla società.

Insomma, certamente gli insegnanti sono importanti, ma l’Estonia mostra che in qualche modo è possibile avere un sistema d’istruzione eccellente – e continuare a migliorarlo – anche se si hanno problemi nella classe docente.

Un sistema molto equo

La caratteristica più importante del sistema, però, è la sua equità. L’Estonia, infatti, mostra risultati tra i più omogenei di tutti i Paesi partecipanti al PISA (fonte; vedi qui).

Questo anche senza negare che esistono fonti e sacche di disuguaglianza, che però vengono efficacemente mitigate dalla struttura istituzionale della scuola estone. Infatti, sebbene la popolazione estone sia molto omogenea, diverse scuole tra quelle di lingua russa – che in tutto servono circa 1/5 dei giovani estoni (fonte) – hanno avuto nel tempo risultati sensibilmente peggiori, così come permangono considerevoli differenze nella dimensione e nelle performance tra scuole urbane e scuole rurali.

Inoltre, anche avendo classi di dimensioni molto piccole e un rapporto insegnanti/studenti tra i più bassi tra i Paesi OCSE, molte scuole – soprattutto in contesti urbani – hanno valori invece molto alti. Ma al di là di queste differenze, in media gli studenti ottengono ottimi risultati in ogni regione, portando alla più bassa percentuale di studenti low-performing” (con cattivi risultati) al mondo.

Il sito statunitense The Hechinger Report riporta le parole di Marc Tucker – presidente del National Center on Education and the Economy di Washington, D.C. –, che ha recentemente visitato il Paese per studiare i segreti del suo successo. Secondo Tucker, dopo la caduta della Cortina di Ferro, altri Paesi ex-sovietici (come Ungheria e Repubblica Ceca) hanno preferito una transizione più vicina ai bisogni delle élite, mentre l’Estonia ha continuato a garantire uguali opportunità a studenti di ogni background: “Quello che abbiamo visto in Estonia non è un nuovo sistema d’istruzione, ma uno vecchio. In ogni aspetto non hanno cambiato il sistema dopo la caduta del Muro… non è sorprendente che abbiano continuato ad ottenere ottimi risultati” (fonte).

Cosa spiega un sistema così equo?

Secondo molti educatori la chiave sta nell’enfasi sul dare ad ognuno un’esperienza educativa simile. “Noi davvero seguiamo la linea per cui tutti sono uguali,” dichiara The Hechinger Report Karin Lukk, preside della Tartu Kivilinna Kool, scuola elementare della seconda città più grande del Paese. “Non importa da che tipo di famiglia provieni, puoi comunque ottenere grandi risultati”.

Questo approccio parte proprio dall’inizio della vita scolastica. Gli asili nido sono gratuiti a partire dai 18 mesi (quando termina il congedo di maternità o paternità). I pasti sono gratuiti per tutti, così gli insegnanti non conoscono quale sia il background dei bambini. Le scuole private, anche se in aumento, sono ancora una fetta relativamente piccola del sistema educativo. Le scuole estoni sono spesso economicamente integrate, così studenti poveri e ricchi sono di frequente nelle stesse classi.

Molto ha a che fare anche con i “dispositivi” e le strategie che scuole e professori possono di solito utilizzare per distinguere gli studenti, inserendoli implicitamente in percorsi differenziati.

Uno studio del 2015, che incrociava i dati PISA con le risposte degli studenti a un’indagine sugli argomenti di matematica che venivano loro insegnati, mostrò che in tutti i Paesi partecipanti al PISA agli studenti più svantaggiati venivano insegnati argomenti più facili, e che questi continuavano comunque ad ottenere cattivi risultati nel test. Secondo gli autori, “le debolezze del loro programma di matematica in realtà impedivano agli studenti a basso reddito di recuperare.”

L’Estonia, però, vanta il gap più piccolo tra i Paesi OCSE nel tipo di matematica che viene insegnata a ragazzi ad alto e basso reddito, e uno dei gap più bassi nelle performance. Lo stesso studio tentava anche di distinguere quanto i gap nelle performance fossero determinati dal tipo d’istruzione ricevuta a scuola. In media, per tutti i Paesi OCSE, le diverse opportunità fornite nell’ambiente scolastico a studenti ricchi e poveri spiegavano il 33% della differenza: negli Stati Uniti il 37%, in Estonia solo il 16%.

Autonomia scolastica, fatta bene

Un primo fattore inatteso, però, sta nel fatto che performance così omogenee si ottengano in un sistema dove le scuole, i dirigenti scolastici e gli insegnanti hanno un considerevole grado di autonomia (fonte).

Da una parte, le scuole devono garantire un numero minimo di ore di lezione in determinate materie, ma hanno anche la possibilità di enfatizzare un particolare focus nelle arti, nelle tecnologie, o nelle scienze naturali. Di conseguenza, alcuni studenti possono finire per avere più ore di matematica e scienze nel loro percorso, altri più ore in arte o lingue.

Dall’altra, gli insegnanti e il curriculum giocano un ruolo fondamentale. I docenti rimangono con gli stessi studenti dalla prima alla terza classe – a volte fino alla sesta classe –, permettendo così di sviluppare relazioni profonde. Molti funzionari ed educatori dichiarano che gli insegnanti sono particolarmente bravi a supportare gli studenti e a prevenire che perdano contatto col resto della classe (in contrapposizione agli Stati Uniti, ad esempio, dove gli insegnanti spendono tanto tempo per aiutare studenti che sono rimasti molto indietro).

Un curriculum nazionale stabilisce rigidamente quali argomenti gli studenti debbano coprire in ogni materia, per ogni anno fino alla nona classe. Tuttavia, è la scuola a decidere come gli studenti debbano acquisire quest’insieme comune di conoscenze e competenze. Le scuole sono anche libere di separare gli studenti come vogliono, ma devono sempre garantire che coprano lo stesso materiale in ogni classe.

Alla fine degli anni ’90, gli educatori della Tartu Kivilinna Kool decisero di dividere gli studenti in tre gruppi per le lezioni di matematica: livello alto, medio e basso. A ogni livello i 950 studenti coprivano lo stesso curriculum di base, ma si muovevano a velocità differenti o, in qualche caso, andavano più in profondità negli argomenti. Era, di fatto, una grande divergenza da quanto si era fatto nel sistema sovietico. Eppure la scuola decise di abbandonare questa pratica nel 2008. “Non funzionava”, dichiara il preside. Il gruppo di livello inferiore “non si muoveva affatto. Vegetava, semplicemente.”

Libertà di scelta per studenti e famiglie

Ciò che stupisce davvero, tuttavia, è il grado di libertà lasciato a studenti e famiglie nel determinare il percorso scolastico.

Agli studenti è garantito un posto nella scuola pubblica del quartiere, ma possono iscriversi liberamente a una scuola privata, a una scuola più selettiva, o alla scuola di un altro quartiere, se c’è posto.

Nella maggior parte delle scuole private la retta è in gran parte sussidiata dallo Stato, ma le scuole possono anche stabilire tariffe superiori che le rendono, di fatto, fuori portata per alcuni studenti. Alcune delle scuole private sono religiose o internazionali, ma negli anni recenti una serie di altri gruppi ha dato avvio alle proprie scuole private – di solito su iniziativa di genitori scontenti con le opzioni disponibili in loco. In ogni caso, il Ministero dell’Istruzione si dimostra molto disponibile ad assistere e supportare gli sforzi delle nuove scuole. In Estonia c’è un atteggiamento “flessibile” verso la regolamentazione, e i funzionari capiscono che “se c’è un problema, il problema va risolto, e tutti devono aiutare”.

Mentre solo circa il 5% delle scuole in Estonia è privato, esistono anche scuole pubbliche che gli stessi estoni descrivono come scuole selettive, “di élite”. Un fenomeno di nicchia ma potenzialmente una minaccia per l’equità e la coesione del sistema. Per iscriversi a queste scuole in prima elementare, infatti, i bambini di 6 anni devono passare un test d’ingresso molto difficile, per cui molti di quelli che possono permetterselo arrivano persino a iscrivere i figli in un tutoring center, per prepararsi al test (vedi qui). Sono quindi i meccanismi descritti nei paragrafi precedenti ad assicurare che, in ultima analisi, sia garantita istruzione di qualità per tutti.

Ma la libertà di scelta permane anche nella fase successiva. Alla fine della nona classe, gli studenti decidono se iscriversi a un gümnaasium (liceo) per altri tre anni, dove si concentreranno su un percorso più “accademico”, o se iscriversi a una scuola superiore “vocazionale” per prepararsi a una carriera specifica. Scuole diverse potrebbero richiedere diversi esami d’entrata, ma gli studenti che vogliono scriversi al liceo riescono quasi sempre a farlo.

I dati del Ministero dicono che circa i 2/3 degli studenti scelgono il gümnaasium. Nelle scuole più grandi, gli studenti possono scegliere anche un’area di studio – come scienze e matematica o materie umanistiche. Questa scelta, tuttavia, è basata sull’interesse dello studente, non su voti o su risultati di un test.

L’autonomia è anche territoriale

L’autonomia di scuole, insegnanti, studenti e famiglie si rispecchia anche nell’assetto amministrativo del Paese. L’Estonia è suddivisa in 15 contee, che però non hanno particolari funzioni di governo. Molte funzioni – soprattutto dopo la riforma del 2017 – sono difatti decentrate alla suddivisione inferiore, i 79 Comuni urbani e rurali.

Secondo il Basic Schools and Upper Secondary Schools Act (vedi qui), i costi di gestione delle scuole sono coperti dal proprietario della scuola, nella maggior parte dei casi proprio l’amministrazione locale. I Comuni sono autorizzati ad aprire, ristrutturare e chiudere le scuole, monitorano il numero di bambini che frequentano le scuole dell’obbligo, controllano la frequenza, organizzano i trasporti e la refezione, e forniscono altri servizi complementari (fonte).

Il numero degli studenti iscritti nelle scuole comunali viene utilizzato per calcolare l’ammontare dei sussidi statali allocati dal bilancio centrale ai Comuni. Il sussidio statale copre le spese per salari degli insegnanti, contributi, formazione, e libri di testo. Sussidi simili sono disponibili anche per le scuole private, come previsto dal Private Schools Act. Così facendo, lo Stato evita di prescrivere linee guida su come utilizzare i fondi allocati. L’amministrazione locale, invece, si riserva il dovere e il diritto di finanziare le scuole sulla base dei loro bisogni.

Il ruolo dell’amministrazione pubblica? Controllo informale e non intrusivo

Con così tanta autonomia, ci si aspetterebbe un significativo monitoraggio e una rilevante supervisione degli amministratori pubblici, per assicurare che tutte le scuole si comportino nel modo migliore. Ma, come abbiamo visto, lo Stato si limita a finanziare osservando da lontano.

Gli amministratori locali, invece, si fidano molto del lavoro dei dirigenti e degli insegnanti. Per guidare questo lavoro dialogano su base settimanale con i dirigenti delle scuole locali. Ad esempio, amministratori e dirigenti si incontrano per firmare memorandum in cui concordare alcune linee guida come “valorizzare lo sviluppo di una mentalità scientifica negli studenti” o “muovere verso un uso più largo della didattica digitale”.

Anche il sistema ispettivo è molto meno intrusivo di quello di altri Paesi. In Inghilterra, ad esempio, gli ispettori dell’Ofsted fanno centinaia d’ispezioni e visite regolamentari in tutto il Paese, di cui pubblicano i risultati online. In Estonia, invece, non c’è una struttura ispettiva separata, e non viene condotta nessuna ispezione complessa su larga scala. Al contrario, il Ministero effettua ispezioni individuali primariamente per l’abilitazione professionale o sulla base di lamentele ricevute.

Come spiega un ex funzionario del Ministero“il sistema di valutazione delle scuole in Estonia non è molto forte, ed è una delle cose migliori del sistema nel suo complesso”. Quindi come si fa a sapere se una scuola ha dei problemi? “Qualcuno mi chiamerà”, dice. Anche quando si parla del modo migliore per risolvere un problema, risponde che di solito si chiama qualche conoscenza che a sua volta conosca il dirigente della scuola problematica. È una sorta di management by phoning around (simile al management by walking about reso famoso da HP negli Stati Uniti), che riflette la piccola dimensione del Paese e le potenti reti sociali che connettono praticamente tutti. Gli estoni credono davvero che ogni concittadino sia solo “a due telefonate di distanza”.

Esami e test (pubblici) al punto giusto

Non solo il ruolo del controllore, anche quello di test ed esami è minimizzato.

Il test più rilevante è l’esame d’uscita dalle scuole medie (nona classe). I risultati – a livello scolastico – sono pubblicati solo quando gli studenti finiscono le superiori (dodicesima classe), e anche giornali e siti vari pubblicano spesso ranking scolastici, ma senza che vi sia mai collegato nessun premio o particolare conseguenza.

Gli esami valutativi della scuola primaria (terza e sesta classe) e della secondaria inferiore (nona classe), invece, sono solamente sampling tests, come in Finlandia, somministrati solo a una porzione degli studenti. I risultati di questi test non sono resi pubblici, ma servono per fornire alle scuole, ai Comuni, e al Ministero dei dati per migliorare le performance e guidare l’attività di pianificazione e policymaking.

Asili nido per tutti!

Come già accennato, però, un ingrediente fondamentale per ottenere ottimi risultati con ogni studente sta nei tanti servizi forniti alle famiglie.

L’Estonia assicura il diritto all’asilo nido e alla scuola dell’infanzia finanziati dai Comuni, a partire dall’età di un anno e mezzo. Di conseguenza, quasi il 90% dei bambini tra i 3 e i 7 anni è regolarmente iscritto. Come commentano dal Ministero, non si tratta di un “babysitting di lusso”: questi centri educativi hanno un curriculum nazionale che enfatizza sette aspetti dello sviluppo infantile – incluse le arti, la musica, il moto, il linguaggio, e la matematica –, documentato da un vero e proprio portfolio. Anche i bambini che parlano un’altra lingua in famiglia iniziano ad imparare l’estone come seconda lingua dall’età di tre anni.

In più, gli educatori in Estonia – come in Italia – devono avere almeno una laurea triennale in Early Childhood Education, uno standard molto più alto di quello che si osserva in molti altri Paesi, Singapore incluso.

L’istruzione non finisce a scuola: l’Estonia finanzia anche il doposcuola

L’Estonia ha infatti mantenuto un sistema di hobby schools and youth work (eredità del sistema sovietico) a cui i bambini e i ragazzi possono partecipare (vedi anche qui).

Gli studenti ricevono perfino finanziamenti dal proprio Comune per partecipare ad almeno un’attività doposcuola a settimana. Secondo lo Standard for Hobby Education, gli obiettivi includono quello di aiutare i giovani a svilupparsi “come membri della società con buone capacità relazionali” e quello di “garantire la gioia di avere un hobby”.

Le hobby schools offrono attività legate a sport, tecnologia, cultura, natura, musica e arte. Come gli asili, possono essere gestite dai privati, da altre scuole o da altre organizzazioni. Gli educatori, spesso studenti universitari o persone con expertise in qualche materia particolare, lavorano con gruppi di studenti su base settimanale. In una hobby school, ad esempio, fisici e astronomi di un’università vicina offrivano un corso in cui gli studenti partecipavano allo sviluppo di un satellite spaziale.

Tanta tecnologia – ma meno del previsto

Gli studenti estoni sono i più attivi nell’utilizzo di servizi di e-school e dei siti web scolastici (fonte; vedi anche qui e qui), e tutte le scuole (dell’infanzia, elementari, medie, hobby school) offrono corsi di programmazione. Ciò non sorprende, nel Paese che ha inventato Skype, che ha adottato per primo il voto online, e che ha fatto della tecnologia digitale un vero e proprio paradigma sociale (vedi qui, qui, e qui) – tanto da guadagnarsi il soprannome di E-stonia.

Tuttavia, l’uso della tecnologia è meno pervasivo di quanto si pensi, e gli stessi estoni si dicono spesso insoddisfatti col livello di integrazione tecnologica che si osserva nelle scuole. Secondo l’indagine TALIS (OCSE), ad esempio, solo il 29% degli insegnanti estoni usa l’ICT per progetti o didattica.

Ancor più sorprendentemente, sebbene l’Estonia sia un Paese leader negli e-services, il settore dell’edtech non è particolarmente sviluppato. Ben poche, infatti, sono le imprese che operano in quest’importante settore dei servizi digitali (vedi qui e qui).

Le preoccupazioni più grandi

Ogni sistema educativo ha i suoi problemi, come abbiamo già visto con la carenza di giovani insegnanti. Due delle questioni principali riguardano il rapporto col passato e il benessere degli studenti. Da una parte, infatti, alcuni temono che le modalità educative rimangano troppo tradizionali; dall’altra, invece, si nota come alcuni studenti siano disinteressati o addirittura iper-stressati.

Quello che più preoccupa è proprio la “mancanza di gioia” che sembra attanagliare le scuole. Sebbene i risultati del PISA siano eccellenti, infatti, alunni e docenti sembrano non essere troppo felici. Solo i 2/3 degli studenti dicono di essere felici a scuola, uno dei valori più bassi nell’OCSE (fonte).

La coordinatrice estone del PISA Gunda Tire dice che gli estoni sono dei lamentosi per natura, perciò rispondono differentemente a domande sulla felicità rispetto a quanto farebbero, ad esempio, gli americani (quasi l’80% degli statunitensi ha dichiarato di essere felice a scuola). Quest’approccio culturale gli permette però di avere una costante tensione a migliorare le proprie scuole: “Niente è mai buono abbastanza”, dice Tire, “Nessuno direbbe che il sistema scolastico va bene.”

Vari studenti ammettono che, se uno studente ha un grande senso del dovere, può sentirsi molto stressato quando, ad esempio, si susseguono svariati compiti in classe nella stessa settimana. “Gli insegnanti ci danno molti compiti”, dicono i ragazzi“Se da una parte è una cosa buona – ci aiuta a ricordare e a capire nuovi argomenti –, dall’altra siamo sovraccaricati di cose da fare”.

Altri educatori mettono in guardia: per mantenere i buoni risultati e risolvere i problemi è importante usare bene le risorse, migliorare la reputazione della professione docente, e supportare costantemente la professionalità dei pedagoghi. “Dobbiamo assicurare che la scuola tenga il passo di un mondo che cambia”, dice Maie Kitsing, consulente del Ministero.

Il sistema tradizionale estone ancora predilige classi incentrate sul ruolo dell’insegnante ed enfatizza l’apprendimento di fatti e nozioni piuttosto che lo sviluppo di soft skills. Un sistema che ha ottenuto ottimi risultati in termini di confronti internazionali, e che perciò si è riluttanti a cambiare. “La questione è capire se possiamo mantenere certi risultati frustrando la creatività”, dice l’ex ministro dell’Istruzione Jürgen Ligi“Sono obiettivi in conflitto?”

Ma in tutto il Paese policymaker ed educatori discutono del bisogno di fare di più che andar bene nei test, magari permettendo ai ragazzi e alle ragazze di diventare imprenditori e leader creativi. Gli educatori iniziano anche a preoccuparsi del fatto che concentrarsi sullo studente medio e sui low-achievers possa danneggiare troppo gli studenti più dotati.

Riusciranno gli estoni a cambiare il sistema senza snaturarlo?

Per concludere

Alla fine della storia, i risultati degli estoni nei test internazionali – ottime performance e bassa disuguaglianza – non sono così inspiegabili.

Tutti gli studenti hanno accesso a un’istruzione di qualità, dall’asilo nido al doposcuola. Le opportunità di apprendimento sono allineate a un curriculum nazionale che enfatizza abilità tradizionali ma supporta anche altri aspetti dello sviluppo individuale. Scuole, dirigenti ed insegnanti hanno molta autonomia, ma anche un range ristretto di libri di testo, materiali, valutazioni ed esami d’uscita, che li aiuta a mantenersi focalizzati e sul pezzo. Gli insegnanti stanno invecchiando e non sono molto soddisfatti, ma spendono poco tempo negli affari amministrativi e nel “mantenere la disciplina”, e molto tempo insegnando e aggiornandosi (molto più che in altri Paesi). La “precisione tedesca” per cui il Paese è famoso si traduce, nell’istruzione, in un approccio metodico che allinea costantemente obiettivi, attività e risultati attesi.

Gli estoni hanno fatto tutto questo in un Paese in cui, 30 anni fa, i beni primari erano razionati ed era un lusso avere un telefono. Ma i Paesi avanzati non possono aspettarsi di migliorare i loro sistemi educativi semplicemente facendo quello che gli estoni hanno fatto col loro. Politiche che funzionano in un Paese di 1 milione e 300mila abitanti non possono essere “impiantate” in Paesi con decine di milioni di abitanti e decine di grandi città. Tuttavia, ci sono molti modi differenti per creare un sistema educativo coerente, mirato e ben supportato. E dobbiamo capire che creare enormi divari educativi non è uno di questi.


[F.O. – adapted from Thomas Hatch e Sarah Butrymowicz]
Featured image: Konrad Mägi,
Paesaggio con una nuvola rossa (1913-14)

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