Perché si vota a destra, in Germania

Ieri e oggi ho visitato la regione della Germania dove sono cresciuto. Meglio conosciuta come la rust belt tedesca, è stata storicamente una terra socialdemocratica. Oggi, invece, è sorprendente quanti ex elettori dell’SPD si stiano chiaramente avvicinando all’AfD.

Ho avuto una lunga chiacchierata con un tassista che rientra in questa categoria, ed è stato interessante imparare a conoscere la sua prospettiva sul mondo. Mi sembra, infatti, che i pilastri della sua visione politica siano principalmente tre.

1. L’interesse nazionale dei sommersi, il globalismo dei salvati

La singole nazioni perseguono degli interessi nazionali, mentre gli individui che sono economicamente “al sicuro” – quelli che non si sono ritrovati dalla parte sbagliata delle crescenti disuguaglianze tedesche (vedi anche qui) – non hanno una vera sensibilità nazionale, perché possono andare altrove e trovare un lavoro. Quelli che non possono, invece, sono i “veri” portatori dell’interesse nazionale, perché sono bloccati dove sono.

Questa visione del mondo è molto simile all’accusa “globalista” che porta avanti la destra negli Stati Uniti: dei freddi capitalisti–cosmopoliti–senza–madrepatria stanno costringendo i lavoratori che ancora sanno cosa significhi “nazione” a bersi le loro leggi e le loro norme.

Curiosamente, il tassista non sembrava considerare che, ad esempio, l’interesse dell’Europa potrebbe anche coincidere con l’interesse nazionale della Germania (vedi qui). Nelle sue parole ho trovato amarezza verso le infrastrutture decadenti e le cattive prospettive economiche, insieme (secondo lui) alla fortissima volontà del governo Merkel di spendere soldi per i rifugiati.

2. Tutti vogliono che la Germania paghi per loro

Gli altri Paesi hanno la percezione che la Germania abbia infiniti mezzi finanziari, e quindi tutti chiedono sempre alla Germania di salvarli. Paga per gli squilibri di Target2, presta soldi a tutti. Italia e Grecia non avrebbero mai dovuto essere ammesse nell’euro.

Quando gli ho fatto notare la questione degli squilibri commerciali e di come la Germania ne benefici, lui li ha considerati col tipico modo di fare tedesco, come una virtù: “un’azienda di successo dovrebbe forse dire ai propri dipendenti di lavorare in maniera meno efficiente per diminuire il surplus commerciale?”.

Questa è un’incomprensione estremamente comune quando si parla di surplus commerciale in Germania: gli elettori tedeschi si sentono dire “esportate meno” invece di “le vostre politiche di moderazione salariale degli ultimi 20 anni sono state un fallimento, e dovreste essere pagati di più per poter consumare di più”.

È interessante vedere come nessun partito tedesco abbia il coraggio di prendere pubblicamente questa posizione: molti problemi dell’Eurozona e della Germania potrebbero essere risolti se la Germania interrompesse e invertisse 20 anni di moderazione dei salari reali (vedi qui, qui e qui). “Risolvi la crisi dell’UE, migliori l’economia, vieni pagato di più” sarebbe uno slogan molto convincente, no? E invece.

3. L’immigrazione sarà la nostra rovina (e nessuno ci ascolta)

L’ondata d’immigrazione che il governo Merkel ha scatenato porterà il Paese in bancarotta; il sistema sociale non può gestire questo enorme flusso di persone non istruite, e il fatto che nessuno sia più tedesco distruggerà la società.

Il tipo è rimasto stupito dall’apprendere che gran parte dei bambini che vivevano nella strada dove io sono cresciuto erano già curdi e turchi 30 anni fa; sembrava aver dimenticato quanto la regione sia sempre stata multietnica (?).

Tuttavia, la sua più grande lamentela sulla questione dell’immigrazione stava nel fatto di “non essere stato interpellato”, ad esempio perché il governo Merkel non aveva nemmeno richiesto un voto parlamentare sull’argomento. Egli aveva anche la chiara convinzione (anche questa abbastanza tipica dei tedeschi) che “non importi per chi voti”, e che la politica tedesca sia interamente distaccata dai principi democratici.

Questo, tra l’altro, è un sentimento estremamente comune ogni volta che parlo con qualcuno in Germania, e particolarmente pronunciato negli ex elettori dell’SPD: molti di loro sono profondamente disillusi dal fatto che hanno ripetutamente votato per un partito che sposava proposte che poi non avrebbe mai messo in pratica, o che avrebbe gettato al vento una volta al potere.

Per concludere

I socialdemocratici stanno perdendo una bella fetta del loro elettorato tradizionale a favore dell’estrema destra (vedi quiqui). La visione che è stata costruita negli anni in Germania – quella del finanziatore frugale e industrioso che paga per un mondo di pigri – è profondamente radicata, e spesso abbastanza irrazionale.

La cosa affascinante è che la Germania ha avuto costantemente surplus commerciali dal 1993 o giù di lì (vedi qui), ma per tutta la mia vita dal 1995 in avanti il dibattito politico tedesco è stato dominato da una paura di “perdita di competitività”, e dal fatto che il modo giusto per governare l’economia è quello di moderare i salari per ottenere surplus sempre maggiori.

La credenza che le debolezze economiche siano curate al meglio a suon di “no ad aumenti salariali” e di “più export” è un assioma quasi-religioso, così come è una credenza assiomatica morale che i governi non debbano incorrere in deficit. Anche la credenza che “la mia personale difficoltà economica è spiegata dal fatto che altre persone approfittano sempre della buona e industriosa Germania” è quasi un assioma.

A volte penso che sarebbe bellissimo mandare qualche antropologo sociale nelle facoltà di economia tedesche e nella società tedesca. Ci sono affascinanti sistemi di credenze all’opera, e il dibattito nazionale è grandemente scollegato da quello internazionale.

Ma per essere chiari: la persona con cui ho parlato ha fatto un discorso articolato, intelligente, e sono grato di aver potuto discutere con lui. Penso che entrambi, sia io che lui, abbiamo molto da imparare dalla visione dell’altro.


[adapted and translated from
Emilio De Capitani and @halvarflake]
Featured image: Sepe & Chazme,
street art in Dortmund (2015)

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