È pomeriggio, passeggio accanto al Duomo. D’improvviso un’ovazione s’infila nello spiraglio lasciato aperto dalle cuffiette. Una folla di adolescenti, ragazzi e ragazze, molti scortati da qualche genitore, esulta ammirata verso il negozio di libri e cd. Molti hanno in mano un libro – lo stesso libro -, e un pennarello.
“Ma chi c’è?”, chiedo a un papà in fila. Mi risponde con un sorriso e un nome che non conosco. Ingleseggiante, forse è un gruppo. Mai sentito. Rimetto le cuffie, procedo.
È pomeriggio, torno dall’università. Arriva il tram e come al solito mi dirigo verso l’ultimo scompartimento. Lì c’è sempre posto, è il regno dei ragazzetti che nessuno vuole accanto. Seduti scomposti, fumano e ascoltano musica ad alto volume. Pezzi e rapper sconosciuti, a volte persino brani neomelodici. Seduta affianco a me una ragazza sui 30 anni. Sbuffa mentre naviga su un social, pensa alle parole da usare quando racconterà del suo fastidio. Le sbircio il telefono. Fra i link e le immagini che scorrono all’infinito non c’è nulla di noto.
Più in là siede un ragazzo di colore, vestito umilmente. Muove le labbra concentrato mentre tenta di leggere una rivista: ha deciso di migliorare il suo italiano con il gossip. Tra i visi che popolano le pagine del giornale ci sono molti volti ignoti, gli stessi che non riconosco la sera, a casa, quando il mio coinquilino ride davanti alla tv.
Partizioni. Riempiamo lo spazio senza alcun elemento in comune. La piazza, il tram, la casa. Partizioni stagne, mondi divisi.
Se ci chiediamo perché sia sempre più difficile leggere e narrare le preferenze delle nostre società, le partizioni spiegano molto. Un istituto di statistica o un’agenzia di sondaggi non sono troppo diversi da me: interessatissimi alle opinioni altrui, faticano a trovare un terreno comune per apprezzarle, sondarle.
Il problema non è tecnico. È sociale, politico. Significa che io e l’istituto di statistica siamo in una partizione, gli “invisibili” sono in un’altra, irraggiungibile. Visibilissimi, tuttavia. Ma dal polso non tastabile, da di qua. In mezzo c’è un muro, un fossato pieno di coccodrilli. Perciò per farsi sentire bisogna alzare la voce, urlare.
Ancora: non è un problema tecnico. Ma ha molte dimensioni concrete. Significa non riuscire a raggiungerli telefonicamente, non frequentare i luoghi giusti per un’intervista, non essere a conoscenza degli elementi necessari per comporre una lista esaustiva. Da questa parte del muro non si contemplano servizi per chi sta al di là, per chi non risponde a un modello. Qualcuno che ci pensa c’è, tuttavia. C’è chi gli offre servizi (il libro, il cd, la rivista…) con caratteristiche a noi del tutto ignote. Hai presente quei compagni di scuola che hai completamente perso di vista? Ecco, loro sono passati di là, sono usciti dai tracciati. Non c’è modo di vedersi per una cena, e se anche ci fosse si parlerebbe una lingua diversa. C’è zero probabilità che li si tenga in conto – come a dire, dimenticheremmo persino di includerli nella lista di quelli da invitare.
La probabilità che loro si esprimano, però, è uguale a uno. Non li si tiene in conto, ma in qualche modo loro contano. Prima o poi. Perciò si deve sfondare il muro, prosciugare il fossato e sterminare i coccodrilli. In fretta. Prima che la terra tremi ancora e il fossato diventi un mare, il muro un confine.
Perciò prendo appunti, unisco i puntini cercando di sfuggire alla tentazione di una causalità rigida. Ricordo, fisso, collego.
Silvio Berlusconi, professione costruttore, acquista Telemilano nel 1978.
Due anni prima una sentenza della Corte Costituzionale ha di fatto messo fine al monopolio statale sulle tv. Nel 1980 il canale cambia nome in Canale 5 e in poco tempo la famiglia Mediaset si allarga: nel 1981 arriva Italia 1, nel 1984 Rete 4.
Il 16 ottobre ’84 le televisioni vengono oscurate: violano la legge che impedisce alle reti private di trasmettere sul territorio nazionale. Il governo Craxi interviene e legalizza la situazione, prima che la Legge Mammì cancelli del tutto il monopolio nel 1990.
Dal 1986 Berlusconi è proprietario del Milan – la seconda squadra più tifata in Italia, tra le più titolate al mondo – che sotto la sua gestione ha vinto 28 trofei.
Dall’inizio degli anni Novanta controlla Mondadori – oggi il più grande gruppo editoriale italiano – e il colosso cinematografico Medusa.
Il 26 gennaio 1994 Berlusconi annuncia in tv la sua intenzione di guidare un partito – Forza Italia – alle successive elezioni politiche. Il 28 marzo Berlusconi vince con il 43% dei voti – quasi 17 milioni – e conquista la maggioranza alla Camera. Vincerà nuovamente nel 2001 – 50% dei voti, più di 18 milioni – e nel 2008 – 46% e più di 17 milioni di consensi.
Silvio Berlusconi è l’uomo che ha governato più a lungo nell’era repubblicana e, con un patrimonio stimato di circa 6 miliardi di dollari, è uno dei cinque uomini più ricchi del Paese. Oggi i suoi canali raccolgono circa il 40% degli ascolti televisivi nazionali.
Giuseppe Grillo detto Beppe inizia la sua carriera televisiva da comico nel 1977, scoperto da Pippo Baudo.
Nel biennio 1978-79 è tra i conduttori di due programmi di punta: Sanremo e Fantastico. Negli anni ’80 riscuote un successo sempre maggiore in tv e non solo: nel 1982 vince un David di Donatello per Cercasi Gesù, e un suo spot vince il Leone d’Oro a Cannes.
Il 15 novembre 1986 una battuta contro il Partito Socialista di Craxi gli costa l’esilio dalla tv per due anni.
A fine 1993 Rai 1 trasmette il Beppe Grillo Show, che registra ascolti record ma sarà il suo ultimo spettacolo sulle reti generaliste.
Dal 1995 Grillo inizia a girare piazze, teatri e reti satellitari (in Italia e all’estero) con spettacoli satirici sempre più politicizzati, registrando centinaia di migliaia di presenze.
Dal 2004 scrive per la rivista Internazionale (leggi un po’ qui).
Nel 2005 apre il blog beppegrillo.it, assieme a Gianroberto Casaleggio. Il sito – tra i più seguiti e influenti in Italia e nel mondo – sarà la base del Movimento Cinque Stelle, partito fondato dai due nell’ottobre 2009 sulla scorta di iniziative quali i V-Day.
All’esordio su scala nazionale nel 2013, il Movimento raccoglie quasi 9 milioni di voti (26%) ed è il primo partito alla Camera, il più votato dai giovani italiani.
Matteo Renzi diventa Presidente della Provincia di Firenze il 13 giugno 2004.
Sempre nel 2004 lancia le eNews, newsletter settimanali con cui dialoga con i suoi sostenitori. Tutte le eNews sono raccolte in uno dei 9 libri da lui pubblicati finora (qui, invece, il libro che per primo ha raccontato il personaggio Renzi).
Nel giugno 2009 viene eletto Sindaco di Firenze, dopo aver vinto le primarie cittadine nel 2008. Nel 2010 verrà segnalato come il sindaco più amato d’Italia.
Nel novembre dello stesso anno lancia la Leopolda, un evento che raccoglie politici e società civile e che diventerà un appuntamento annuale. La Leopolda porta Renzi alla ribalta mediatica, sebbene i sondaggi (con qualche eccezione), i media (con qualche eccezione) e l’establishment del partito non lo tengano in considerazione come reale pretendente alla leadership.
Nel 2012 partecipa alle primarie per la premiership, con l’aiuto del manager tv Giorgio Gori. Anche se sconfitto, Renzi ottiene un risultato oltre le aspettative, sopratutto nelle regioni tradizionalmente più di sinistra.
Ad aprile 2013, alla vigilia delle elezioni politiche, Renzi è ospite del programma Amici di Maria de Filippi.
Nel dicembre 2013 vince le primarie per la segreteria del PD e nel gennaio 2014 sostituisce Enrico Letta, diventando il più giovane Capo del Governo nella storia d’Italia, il primo non parlamentare e, ad oggi, il quarto più longevo.
Alle elezioni europee del 2014 il PD di Renzi conquista il 41% dei voti (più di 11 milioni), il miglior risultato mai registrato da un partito di (centro)sinistra.
Il profilo Twitter di Renzi è uno dei 10 più seguiti in Italia. Fa meglio di lui Papa Francesco, che però non è nella top 100 mondiale. E chissà quanti follower avrebbe avuto Giovanni Paolo II, che Jacques Le Goff definì “il medioevo più la televisione“. Ma questa è un’altra storia, deve lasciare spazio agli appunti.
Pablo Iglesias Turrión insegna scienze politiche, ma la sua formazione spazia dal diritto al cinema.
Nel 2010 inizia la sua carriera da giornalista televisivo. Conduce il programma di approfondimento politico La Tuerka, in onda online e su canali minori (Tele K, Canal 33).
Dal 2012 collabora con il portale Público e appare in vari programmi di attualità.
Nel 2013 presenta Fort Apache, talk politico trasmesso da HispanTV, emittente iraniana dedicata all’universo di lingua spagnola.
È autore di 10 libri ed è sceneggiatore della maggior parte degli spot elettorali prodotti dalla casa di produzione CMI.
Nel 2014 – assieme ad altri accademici tra cui Juan Carlos Monedero (leggi qui), anche lui analista televisivo e attuale presentatore de La Tuerka – fonda il movimento/partito Podemos, di cui è nominato leader.
A 5 mesi dalla fondazione, nelle elezioni europee del 2014 Podemos conquista più di un milione di voti (8%) e 5 seggi, tra cui quello di Iglesias, che la sinistra europea candida (senza successo) alla presidenza del Parlamento.
Nel novembre 2014 Iglesias vince le primarie per la segreteria di Podemos e si dimette da parlamentare europeo in vista della candidatura alle politiche, che ottiene vincendo nuove primarie nel luglio 2015.
Alle generali del 2015 Podemos, da alcuni accreditato come primo partito, non ottiene un risultato straordinario: 13% e più di 3 milioni di voti, quarto partito.
Nella tornata immediatamente successiva, nel giugno 2016, Podemos si presenta in una coalizione più ampia, che ottiene circa 5 milioni di voti (22%) e 69 seggi, ma è ancora solo terza forza del Paese. All’appello manca un milione di voti: pare che siano dei giovani, pare che siano quelli più a sinistra.
Donald John Trump, immobiliarista, fa la sua prima apparizione in una serie tv nel 1985 (The Jeffersons) e nel suo primo (pessimo) film nel 1989 (Ghosts Can’t Do It, di John Derek). In tutto le apparizioni televisive e cinematografiche, spesso nel ruolo di sé stesso, ammontano rispettivamente a 11 e 14. Dal 2003, in particolare, Trump è protagonista del reality show NBC The Apprentice, poi seguito dallo spin-off The Celebrity Apprentice.
Per anni oggetto della satira (e più volte ospite) del David Letterman Show (e non solo), Trump è una star del mondo del wrestling, è testimonial della multinazionale di telecomunicazioni ed energia ACN, ed è un brand che va ben al di là della sua persona.
Orbita intorno alla politica e al Partito Repubblicano dal 1988.
Il 16 giugno 2015 Donald Trump annuncia la sua candidatura alle primarie del Grand Old Party. Inviso a tutto l’establishment e dato solo due mesi prima al 4%, pochi giorni dopo l’annuncio è in testa ai sondaggi. Vincerà 41 dei 56 confronti elettorali, ottenendo la nomination con 14 milioni di voti (45%).
Dato nuovamente per sconfitto, l’8 novembre 2016 Trump batte anche Hillary Clinton e si appresta a diventare il 45° Presidente degli Stati Uniti, conquistando 31 stati su 52 e contando sul consenso di 61 milioni di americani (47%).
Il suo patrimonio (vedi anche: 1, 2, 3) si avvicina ai 4 miliardi di dollari.
Il punto è nell’immagine, l’immagine che supera la partizione.
Scrive Mark Lilla sul Times, dopo la drammatica vittoria del miliardario newyorkese:
“The fixation on diversity in our schools and in the press has produced a generation of liberals and progressives narcissistically unaware of conditions outside their self-defined groups, and indifferent to the task of reaching out to Americans in every walk of life.”
Con le parole di John Lennon:
“The struggle is in the mind. We must bury our own monsters and stop condemning people. We are all Christ and we are all Hitler. We want Christ to win. We’re trying to make Christ’s message contemporary. What would have he done if he had advertisements, records, films, TV and newspapers? Christ made miracles to tell his message. Well, the miracle today is communications, so let’s use it.”
[F.O.]
Featured image: Myaki-Ru, Don’t watch TV on LSD (2011)