La nebbia

La nebbia non esiste. La nebbia è una prova, un indizio plateale. Dimostra che tutti, prima o poi – persino più volte, magari ravvicinate, magari sempre nello stesso periodo – perdono energia. Volontà, stimoli, voglia di fare. Cose da dire, scopi, carburante. Decadono, si spengono.

Gli scienziati ci hanno mentito. Ci hanno mentito i poeti, i filosofi. Non esistono il giorno e la notte, le stagioni, il clima. Marionette siamo, attori di uno spettacolo che non controlliamo e che è sempre in programma. Lo Scenografo (che è pure regista e sceneggiatore, autore) decide l’allestimento. Qualcuno lo chiama Dio, qualcuno Caso, qualcuno Anima del Mondo. Qualcuno, spaventato, non crede nella sua esistenza. Di fatto è un Essere, Uomo e Donna allo stesso tempo, che ogni giorno prende in mano matita e colori e disegna il mondo. Lo colora e lo plasma in ogni dettaglio, ne scolpisce i volumi. E odia le penne, non sopporta l’idea che un Universo simile possa avere contorni troppo netti. Ed è davvero solo un caso che molte cose restino uguali da un giorno all’altro. Il cambiamento è nelle cose, nel processo, inevitabile. Provate a disegnare per milioni di miliardi di volte lo stesso oggetto, gli stessi volti. Anche l’artista più bravo non replicherà le stesse rughe, le stesse espressioni, la stessa luce. E il mondo cambia con lui, ne segue le evoluzioni spirituali.

Con un vincolo inamovibile: il tempo. Il tempo è sottostante, al di là del controllo di qualsiasi burattinaio, è la struttura. Il tempo è il palco, è il teatro. E a volte inganna, spiazza persino quest’Essere che si crede Onnipotente. A volte l’Essere dimentica qualcosa, nella fretta. Ha creato il buio della notte per nascondere quello che fa, per non mostrare la sua mano, ma non sempre tutto fila liscio. Gli attori se ne accorgono, vedono le incongruenze del testo, alcuni si struggono persino. Ma recitano, non s’interrompono. La loro vita è l’atto. Ignorano i déjà vu, l’irrazionalità, l’ingiustizia, il caos. Lo spettacolo deve continuare. A costo d’improvvisare, tanto lo spirito della trama lo hanno dentro, si fanno guidare dal canovaccio. Non avevate torto. Quell’oggetto, libro, penna o scarpe, che eravate sicuri ieri sera fosse lì, dove lo avevate lasciato, salvo poi ritrovarlo altrove, era davvero lì! Solo che qualcuno, nell’ombra, tra un battito di ciglia e l’altro, ve l’ha ridisegnato altrove. Ed è perso, magari. Gli oggetti scompaiono, spariscono persino le persone.

Perché quest’Essere non è nemmeno incondizionatamente buono come si dice. O meglio, non sempre. A volte presta cura ai suoi disegni, vi si dedica per anni per far sì che ogni giorno ci siano un quadro, una scena migliori. A volte, però, arriva addirittura a dimenticarsi degli attori. Dimentica di disegnarne l’anima, lo spirito o la mente. E qualcuno si sveglia improvvisamente pazzo o vuoto. O non si sveglia proprio!

Il problema peggiore, però, è quando la matita non vuole scorrere. L’artista è artista, a qualunque livello ha bisogno d’ispirazione, di quel motore, quel fuoco che lo accende e che gli fa danzare la mano. Non sempre c’è, neanche per lui. O lei. E allora è costretto a imbrogliare, disegna l’idea della nebbia nella testa degli attori, per nascondere il fatto che è stato costretto ad aprire le quinte quando il disegno non era ancora finito. Semplicemente alcune cose non sono riuscite a rinascere, per quel giorno. Non c’era modo, mancava la spinta. A volte poi gli passa e riesce a completarlo, durante la giornata, certo. Arriva la luce e persino il sole, il caldo. Ma spesso no. Buio pesto, buio presto. La pioggia! Che acceca lo sguardo degli attori e nasconde gli errori al loro occhio. Prende in mano l’acquerello e si permette il lusso di definire ancor meno i contorni, finanche distruggere il Creato con la tempesta. Accade d’inverno, spesso. Non perché l’inverno esista! Perché d’inverno siamo disegnati così. Freddi, al minimo per essere a regime e recitare. Ci manca qualche pezzo, e ce ne accorgiamo. Non stiamo giù perché è inverno. E’ inverno quando siamo giù.

E la nebbia non esiste. La nebbia è una prova, un indizio plateale. Dimostra che tutti, prima o poi – persino più volte, magari ravvicinate, magari sempre nello stesso periodo – perdono energia. Persino lui, che di tutto è artefice. Volontà, stimoli, voglia di fare. Cose da dire, scopi, carburante. Tutti decadono, si spengono. Ora qualcosa si muove, brucia dentro. Ha posato la matita e iniziato ad incidere, ad abbozzare. Cancella, riscrive. Usa la spatola, graffia la tela. Un capolavoro non nasce senza lavorìo. Ritorna, presto.


[F.O.]

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